Il Museo Archeologico conserva un’importante collezione di statue greco-romane, di cui purtroppo si ignora la provenienza: il Palliato, il personaggio in toga exigua, la Pudicitia e l’Afrodite furono donati alla famiglia Carrara dai Gonzaga di Mantova; la Grande Ercolanese, il Loricato e la Minerva erano nel portico della casa dei conti Regazzoni in via Pignolo e furono acquistati dal Vimercati Sozzi; il torso di efebo, in marmo greco, fu probabilmente donato al Museo agli inizi degli anni ’60.
Tra tutte le statue della collezione, è probabile che due provengano dal territorio di Bergomum, il municipium romano che sorgeva sui colli di Bergamo: la statua di Minerva e la Grande Ercolanese.
La statua di Minerva è realizzata secondo schemi compositivi di tipo non naturalistico, le proporzioni sono distorte, la posa è rigida e innaturale e le pieghe del panneggio non corrispondono a criteri di verosimiglianza, ma di decorativismo schematico. Si tratta di una statua di culto, che probabilmente proviene da un sacello dedicato alla dea, ed è databile al II sec. d.C.
La cosiddetta Grande Ercolanese è una statua che replica l’iconografia della statua proveniente da Ercolano che ebbe grande successo tra le dame di alto rango della Roma imperiale. L’originale aveva il capo velato, ma spesso la testa era raffigurata scoperta per esibire le acconciature in voga.
È possibile che anche la terza statua della collezione Regazzoni, il torso loricato, provenisse da Bergomum.
Si tratta di ciò che resta di una statua onoraria di un personaggio della famiglia imperiale giulio-claudia, che oggi non è possibile identificare, e che forse si trovava nel foro della città romana. La corazza, detta lorica, è decorata a rilievo da una testa di Medusa e da un trofeo affiancato da due vittorie alate.
Due sono le statue che raffigurano personaggi in abiti tipicamente romani, il Palliato e il togato. Il primo si data alla prima metà del I secolo a.C. ed è stato eseguito assemblando pezzi di varia provenienza, tra cui il busto di una statua femminile; raffigura un personaggio che regge un rotolo di pergamena e indossa il pallium, che connotava filosofi e scrittori.
La seconda statua raffigura probabilmente un membro della classe senatoriale romana con indosso la toga exigua, la veste tipica dei magistrati romani secondo il modello più antico, e i sandali tipici dei senatori. È una statua onoraria o funeraria, prodotta in una buona bottega scultorea, e si data tra il 75 e il 50 a.C.
Una statua di Afrodite, di marmo greco, è la replica di un originale rinvenuto nell’Agorà di Atene. È un’ottima copia, realizzata in un atelier di alto livello negli anni successivi al regno di Augusto; doveva raffigurare un importante personaggio femminile legato alla famiglia imperiale, il cui ritratto è andato perduto.
La statua della cosiddetta Pudicitia, una denominazione derivante dall’atteggiamento di riservata compostezza che esprime questa figura femminile, rappresenta una delle più diffuse iconografie impiegate in ambito funerario e onorario per le statue-ritratto, al cui corpo, eseguito a parte, veniva adattato il ritratto realistico della defunta. È un pregevole prodotto probabilmente di una bottega dell’area orientale del Mediterraneo, ed è databile tra la fine del II e i primi del I sec. a.C.